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Super optico negocio et iride problemata
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Super optico negocio et iride problemata

4 ott. 2002


A cura di
Ken'ichi Takahashi
Riccardo Bellè


Introduzione

1  Presentazione dell'opera

1.1  Suddivisione in parti e riassunto dei contenuti

Il titolo dell'opera è F. M. Super optico negocio et iride problemata.

Il testo è contenuto, assieme agli altri di argomento ottico giunti fino a noi, nell'edizione stampata a Napoli nel 1611 dove compare come Problemata ad perspectivam et iridem pertinentia.1

La stampa di Napoli ebbe una serie di vicissitudini editoriali, essenzialmente ricostruibili attraverso la corrispondenza Staserio-Clavio, i due personaggi centrali della vicenda, delle quali abbiamo ampiamente discusso nell'introduzione al volume. Ricordiamo qui semplicemente che in questa edizione comparivano, organicamente inserite nel testo genuinamente mauroliciano, ma stampate con un diverso carattere (corsivo), delle aggiunte scritte da Clavio per rendere piú chiara l'esposizione e spiegare meglio alcuni passaggi.2 Non vi sono aggiunte di questo tipo nel testo dei Problemata.

I Problemata, rispetto alle altre opere contenute nell'edizione di Napoli, hanno alcune particolarità: sono contenuti anche in un manoscritto autografo di Clavio (Archivio della Pontificia Università Gregoriana, Fondo Curia 2052, siglum C13), a ulteriore testimonianza dell'appena ricordato collegamento tra le opere ottiche di Maurolico e il matematico gesuita. È inoltre da rilevare che nell'edizione napoletana sono stampati in un carattere piú piccolo rispetto al resto dell'opera.

Questa opera ha una struttura a ``questioni'', cioè è presentata con la forma di domande, introdotte da particelle come cur, e risposte, introdotte da an o fortasse. Ricalca le analoghe opere di ispirazione aristotelica che dall'antichità classica si erano diffuse fino al Medioevo. Questo genere letterario (le ``questiones'') nel corso del Medioevo assunse nuove caratteristiche che lo differenziarono dai precedenti di analoga ispirazione e divenne quello universalmente adoperato nel campo della filosofia naturale, anche come metodo di ``insegnamento'' nelle università.

Nella stampa queste questiones sono numerate (da 1 a 24), nel manoscritto manca la numerazione, ma il passaggio ad una nuova questione è segnalato dal rientro del nuovo paragrafo.

Si occupano tutte dell'arcobaleno tranne le prime quattro; la prima e la seconda trattano della perspectiva in generale: la sua suddivisione e le sue caratteristiche metodologiche. La terza e la quarta rispondono alle domande: qual è la speculazione piú degna di ammirazione nel campo dell'ottica? Quale ricerca è la piú difficile? Maurolico risponde che la piú degna d'ammirazione è la discussione sulla struttura dell'occhio e delle sue funzioni; la piú difficile, invece, quella che tratta dell'arcobaleno. Coerentemente con questa ultima affermazione, cioè che la discussione piú difficile nel campo dell'ottica sia quella riguardante l'arcobaleno, le rimanenti questioni, che occupano la stragrande maggioranza del testo, riguardano esclusivamente questo argomento, cominciando con ``Quae causa generationis iridis?'' e soffermandosi su vari argomenti come la causa dei colori o la formazione dell'arcobaleno secondario.

Tutte le conclusioni riportate riguardo all'arcobaleno sono le stesse che si trovano nella seconda parte dei Diaphana (intitolata per l'appunto De iride) nella sua versione definitiva (cioè quella risalente al maggio 1554).3 Essa viene anche esplicitamente citata nelle ultime righe con le parole: ``Neque de his plura discusseram in secunda parte libelli mei de Diaphanis''.4

1.2  Rapporti intratestuali e fonti

I Problemata sono datati 12 ottobre 1567 e risalgono quindi, almeno nella versione giunta fino a noi, al termine della carriera matematica di Maurolico;5 sono inoltre di piú di dieci anni successivi all'ultima redazione dei Diaphana.

Il fatto che il testo a noi giunto sia datato 1567, di per sé non esclude che esistesse una versione precedente o che comunque, l'opera sia da far risalire ad una fase anteriore delle speculazioni mauroliciane. Per vagliare questa ipotesi utilizziamo i testi che Maurolico compose nel corso della sua vita (a partire dal 1528 fin verso la sua morte) volti ad illustrare all'esterno lo stato degli studi da lui compiuti e delle opere da lui scritte.

Il primo testo di questo genere nel quale compaiono dei ``Problemata'' si trova nella lettera di dedica della Cosmographia (1543): ``Aristotelis problemata mechanica''. Non possiamo escludere che questo testo contenesse questioni riguardanti l'ottica, anche se il titolo non riporta indicazioni in questo senso.

Negli anni successivi, nella descrizione di questi ``Aristotelis problemata'' compaiono delle appendici non meglio specificate; ad esempio nella lettera a Juan de Vega, datata 1556, e nell'Index lucubrationum del 1558 troviamo: ``Problemata mechanica Aristotelis cum oportunis et notatu dignis additionibus''. È nel 15686 che troviamo delle aggiunte di argomento ottico: nell'Index scritto in questo anno, che è conservato nel manoscritto autografo Par. Lat. 7466,7 abbiamo infatti un ``Aristotelis problemata mechanica cum additionibus complurimis et iis, quae ad pyxidem nauticam, et quae ad iridem spectant [corsivo nostro] ''.

Risulta evidente, nonostante la scarsità di informazioni, che fondamentale è comprendere il collegamento con i Problemata mechanica Aristotelis.

Fortunatamente anche quest'ultima opera ci è giunta, in un'edizione del 1613, il cui titolo, come compare negli Indices dal 1568 in poi è: Aristotelis problemata mechanica cum additionibus complurimis et iis, quae ad pyxidem nauticam, et quae ad Iridem spectant. La stampa riporta un titolo diverso, dove non compare piú la parte sull'arcobaleno: Problemata mechanica cum appendice, et ad magnetem, et ad pixidem nauticam pertinentia. Però nell'ultima pagina, sotto il titolo, De Iride, vel arcu pluviali Problemata, compare un breve testo (quasi certamente del nipote Silvestro Maurolico, che curò l'edizione):

Huc spectaret aureus de iride, vel arcu coelesti tractatus, caeterum quia ad calcem libri Photismorum de lumine et umbra (quem ab umbris in lumen dudum laudabiliter vindicavit Io. Bapt. Airolo) adpingitur, omittendum magis, quam rursus cudendum consentaneum duxi, cum impressorum, qua hic premimur inopia.8

Questa nota ci indica, dunque, che il testo che compare nell'edizione di Napoli e in quella di Lione col titolo di Problemata ad perspectivam et iridem pertinentia, è in effetti quello di quei problemi sull'arcobaleno che in origine costituivano un'appendice agli Aristotelis problemata mechanica.

Per quanto riguarda l'utilizzo di questa opera in altre successive abbiamo rintracciato una citazione dei Problemata (seppur come spiegheremo di dubbia attribuzione) nei Diaphana, dove troviamo un ``Vide etiam prob. 13 de Iride''. Questa frase, però, non compare nel manoscritto autografo (come noto, ci è giunto il manoscritto autografo dei Diaphana), ma solo nella stampa e nel manoscritto di Lucca (dove tra l'altro non compare il 13).9 Molto probabilmente, dunque, non è da attribuire a Maurolico ma si tratterebbe di un'aggiunta sopravvenuta nella fase di preparazione dell'opera per la stampa da parte di Clavio e Staserio.10

Per quanto riguarda altre opere di Maurolico citate nei Problemata, abbiamo la già ricordata citazione della seconda parte dei Diaphana; citazione quasi scontata data la quasi totale identità degli argomenti trattati.

Vengono inoltre citati vari altri autori, talvolta a gruppi. Troviamo Plinio, Averroè e John Pecham, citati in quanto attribuiscono (erroneamente, secondo Maurolico) la rotondità dell'arcobaleno alla concavità delle nuvole.11 Girolamo Cardano viene citato con parole di approvazione e in collegamento con lui viene ricordato, anche se non con la stessa approvazione, anche Giulio Scaligero:12

Bene igitur dixit Hieronymus Cardanus centra, solis, visus et iridis, in eadem iacere recta; et iniuste reprehenditur sicut et in plerisque aliis locis a Iulio quodam Scaligero.

Viene inoltre citato Aristotele, del quale si dice ``bene proponat, non tamen demonstrat''.13 Witelo, anche se viene riconosciuto il valore e soprattutto l'ampiezza della sua opera, non viene granché apprezzato: ``Vitellio in suo tam ingenti, quam fastidioso ac prodigioso volumine, dum lineamenta multiplicat, laborem auget lectoribus ac nihil demonstrat''.14 Vengono poi citate l'Optica e la Catoptrica di Euclide e il De speculis di Tolomeo:

Nam Euclides in Opticis et Catoptricis, et Ptolemaeus in speculis sapientius egerunt, hanc iridis curiositatem omittentes.15

Infine compare Andrea Stiborius,16 citato anche al termine della seconda parte dei Diaphana: ``In indice quodam operum Magistri Andreae Stiborii mentio fiebat de libro quodam demonstrativo super Iridis theoria et absoluto.''17

2  Tradizione e novità

2.1  Quanto a struttura

Il modello di base è costituito dai Problemi appartenenti al Corpus Aristotelicum, una raccolta, come detto, di questioni presentate sottoforma di domanda e risposta. Quest'opera, all'epoca attribuita ad Aristotele, trattava degli argomenti piú disparati; in essa si trovano, ad esempio, anche questioni di matematica e di ottica.18

A fianco di questo testo bisogna inoltre ricordare i Problemata mechanica, anch'essi attribuiti ad Aristotele; in questa tradizione, si inserisce l'opera di Maurolico, a fianco alla già citata versione mauroliciana dei Problemata mechanica.

3  Contestualizzazione dell'opera

L'analisi del ruolo degli studi ottici all'interno della carriera matematica di Maurolico è stata analizzata nel dettaglio nell'introduzione generale al volume.

4  Fortuna

La sorte e la diffusione dei Problemata sono strettamente legate a quelle dei Photismi, dal momento che si trovano nella stessa opera a stampa (Napoli, 1611 e successivamente con titolo leggermente differente Lione, 1613), rimandiamo pertanto all'introduzione ai Photismi per questo argomento.

Bisogna però aggiungere che il manoscritto C13 è autografo di Clavio e si trova oggi nel codice APUG 2052 assieme ad altri opuscoli mauroliciani. Questo codice è una miscellanea contenente numerosi testi riconducibili all'ambiente gesuitico e può dunque darsi che l'opera circolasse e fosse conosciuta ben prima del 1611. Questo pare in parte confermato anche da un'analisi codicologica,19 che ha rivelato che i testi mauroliciani sono scritti su di una carta con filigrana databile al 1575 e prodotta a Roma; se a questo aggiungiamo che Clavio incontrò Maurolico nel 1574, durante il suo viaggio in Sicilia, ci pare che si possa far risalire l'origine del manoscritto claviano a quel biennio, quindi piú di trent'anni prima della pubblicazione dei Problemata.

5  Ringraziamenti

Ringraziamo la direttrice dell'APUG che ci ha permesso di consultare il manoscritto. L'antiquario Martayan Lan di New York che ci ha inviato delle fotocopie di una copia di S10 in suo possesso. Il professor Thomas Settle che ha controllato per noi una copia di S11 alla New York Public Library.

6  Testimoni

mss: Roma, Archivio della Pontificia Università Gregoriana, Fondo Curia 2052. (siglum C13).

st: Photismi de lumine et umbra. (siglum S10).

Theoremata de lumine et umbra, apud Bartholomaeum Vincentium, (L. Hurillion), Lugduni, 1613. (siglum S11).

La copia di S10 da noi utilizzata è quella conservata alla Biblioteca Universitaria di Pisa (segnatura E d 6 53).

7  Criteri di edizione

Forniamo il testo del manoscritto C13, fornendo in apparato le varianti dell'edizione a stampa (S10).

Abbiamo uniformato la punteggiatura all'uso moderno laddove necessario.


1  Cosí nel frontespizio; a pagina 81, dove inizia il testo dei Problemata, troviamo, invece di ``pertinentia'', ``spectantia''.

2  ``Tum P. Clavii iudicio notisque quas alia literarum forma inter auctoris demonstrationes inseruimus ad maiorem distinctionem et commodum tuum.'' Cfr. [Maurolico1611], c. 5*.

3  Cfr. l'introduzione ai Diaphana in questo stesso volume.

4  Cfr. C13, c. 24r.

5  Maurolico aveva all'epoca 71 anni e sarebbe morto otto anni piú tardi.

6  Guarda caso l'anno successivo alla data di composizione (1567).

7  L'Index si trova pubblicato in [Clagett 1974].

8  Cfr. Problemata mechanica, p. 55.

9  Per l'elenco dei testimoni dei Diaphana si consulti l'introduzione relativa.

10  In effetti, il problema è leggermente piú complesso. Le aggiunte di Clavio, infatti, sono scritte in un carattere diverso, questa citazione, invece è nello stesso carattere del testo, non è pertanto attribuibile con certezza nemmeno a Clavio.

11  Si veda l'opera di Pecham in D. C. Lindberg, John Pecham and the Science of Optics, p. 232, prop. 19 del terzo libro: ``Causam rotunditatis yridis principaliter consistere in nube''. Maurolico cita questi autori, in modo pressoché identico, in due passi dei Problemata, cfr. C13, c. 21v, 23v.

12  Cfr. C13, c. 23v.

13  Loc. cit.

14  Cfr. C13, cc. 23v--24r. Lo stesso giudizio era già stato espresso da Maurolico anche nella lettera a Juan de Vega: ``illud ingens Vitellionis opus multo plus habet fastidii, quam necessariae speculationis; de iride multum loquitur, nihil omnino quod ad situm, formam coloresve faciat, concludens.''

15  Cfr. C13, c. 24r.

16  Astronomo (1470--1515), attivo a Vienna nei primi anni del XVI secolo.

17   Loc. cit. Il riferimento è molto probabilmente all'opera Tabulae eclypsium Magistri Georgii Peurbachii; Tabula Primi mobilis Joannis de Monteregio, Vienna, 1514, che contiene proprio degli Indices praeterea monumentorum quae clarissimi viri Studii Viennensis alumni in Astronomia et aliis Mathematicis disciplinis scripta reliquerunt, di Andrea Stiborius.

18  Cfr. Aristotele, Problemi, a cura di Maria F. Ferrini, Milano, 2002, pp. 238--249. Aristotele, Problems, a cura di W. S. Hett, Londra, 1936, pp. 329--340.

19  È in corso di preparazione la descrizione completa del manoscritto per quanto concerne le carte mauroliciane.

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