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Algebra
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  O p e r a    m a t e m a t i c a    d i    F r a n c e s c o    M a u r o l i c o

Algebra


A cura di
Giuseppina Fenaroli
Antonio Carlo Garibaldi


Introduzione

1  Presentazione dell'opera

La Demonstratio Algebrae si presenta come un testo di poche pagine, molto denso, avente lo scopo di dare i fondamenti teorici dell'algebra, cominciando dalla scala delle potenze dell'incognita ed arrivando a dimostrare un insieme di regole, ridotte a 4, valide per le equazioni algebriche che possono ricondursi in qualche modo al primo o secondo grado.

Si presenta senza una completa suddivisione in capitoli, con prefazione e conclusione ridotte al minimo. Solo le 4 regole sono distinte in paragrafi con il titolo; ad esse seguono altrettanti paragrafi, sempre con il titolo, dove sono dati gli esempi relativi a ciascuna regola. Nel testo sono presenti una tabella ed alcune figure geometriche per le dimostrazioni delle regole, date in forma di schemi come Maurolico fa usualmente a proposito delle identità del libro II degli Elementi, che qui appunto deve utilizzare. La scala delle potenze, che Maurolico denomina ``dignitates'', è appoggiata all'idea dei numeri in proporzione continua ed alle regole che si ritrovano negli Elementi di Euclide. Ogni potenza è media tra le due potenze ("collaterali") che la seguono o la precedono, sia immediatamente sia ad eguale distanza ,cioè quando tra esse siano intercalate, in modo eguale da una parte e dall'altra, una o due o più potenze (che Maurolico denomina ancora "medie").

L'idea di equazione nasce dall'eguaglianza tra potenze collaterali dell'incognita. Maurolico affronta dapprima il caso dell'eguaglianza tra due potenze collaterali, ottenendo così la soluzione delle equazioni "pure" e l'unificazione dei primi 3 capitoli di Al-Kuwarizmi. Passa poi all'eguaglianza tra l'aggregato di 2 potenze collaterali ed una terza, studiando soltanto il caso in cui le 3 dignità siano collaterali equidistanti e distinguendo però le varie eventualità, a seconda che la terza dignità sia rispettivamente massima, minima o media tra le collaterali.

Gli esempi mostrano che in tal modo si risolvono non soltanto i tre capitoli composti classici dell'algebra degli Arabi relativi alle equazioni di 2o grado, ma anche le equazioni biquadratiche, bicubiche, etc. Anche per Maurolico, secondo la tradizione, soltanto i numeri positivi sono ammessi come soluzioni.

2  Contestualizzazione dell'opera

La redazione del testo di cui disponiamo è certamente successiva al 1569; sappiamo però che Maurolico matura la sua concezione dell'algebra elementare ridotta a 4 regole nel modo che si è detto molto tempo prima di quella data. Troviamo infatti una prima menzione dell'algebra nella lettera al Bembo del 1540 (dedicatoria della Cosmographia, stampata nel 1543) dove, indicando le opere da lui composte, afferma precisamente: ``Positionum regulae: quae vulgo Algebra barbaro nomine appellantur, cum demonstrationibus et exemplis ad quatuor praecepta redactae''.

I successivi Indices lucubrationum contengono sempre la stessa menzione, senza sostanziali cambiamenti, salva la precisazione ``praecepta sive capita'' in cui riecheggia la terminologia arabo-medioevale. Fa eccezione la lettera a Juan de Vega del 1556 in cui troviamo un discorso più articolato. Dopo aver descritto i suoi lavori nel campo dell'aritmetica Maurolico prosegue così:

Adiecimus his positionum regulas, quas arabico verbo, Algebra, vulgus appellat, et alias quasdam cum demonstrationibus. Redegimus autem totum algebraticum negocium ad praecepta quatuor. Adeo ut pro traditionibus Diophanti, qui XIII libris ea de re graece pertractavit, his meis interea contentus sim.

Qui l'autore mostra di essere a conoscenza dell' esistenza dell'opera di Diofanto non ancora disponibile (come è noto, essa uscirà negli anni '70). Tale affermazione, che deriva senza dubbio dalla lettura di Regiomontano, situa Maurolico tra coloro che, come nel seguito farà Viète, ritengono che l'algebra degli Arabi, allora circolante riprodotta nei testi degli abacisti medioevali e nei libri che si andavano stampando, fosse in realtà derivata dai Greci attraverso Diofanto (o altri testi perduti). Nella Demonstratio Algebrae Giovanni Regiomontano viene espressamente citato. Ma, si badi bene, non come un autore di algebra a cui ispirarsi, ma come un matematico che si è servito dell'algebra nella discussione di un problema geometrico fondamentale come la quadratura del cerchio in un opuscolo di critica al Cusano, che si legge di seguito all'edizione a stampa del De triangulis nel 1533 e che Maurolico cita esplicitamente. Ivi infatti Regiomontano risolve equazioni algebriche di 2o grado (ed anche una equazione biquadratica) dando per scontate le regole classiche di Al-Kuwarizmi. Lo stesso avviene anche nel De triangulis, su cui Maurolico qui non si sofferma.

L'idea fondamentale di Maurolico è quella di arrivare ad una fondazione precisa ed a una trattazione semplificata dell'algebra, considerata come una parte dell'aritmetica, riducendo il più possibile i "capitoli" di cui erano ricchi i testi abachistici ed ancora la Pratica arithmeticae di Cardano. La critica contro coloro che moltiplicano i "capitoli", cioè i casi è assai insistita.

L'utilità e la generalità dell'algebra è messa in luce attraverso il commento che segue la dimostrazione delle regole

Quod enim hic demonstratur in numero, re ac censu per lineam, aream et quadratum ex 5o et 6o Secundi Elementorum, verificatur de omnibus quantitatibus proportionalibus per numerarios terminos assignatis. Quem ad modum quidquid demonstratur in 2o, 5o, 7o, 8o, 9o ac 10o Elementorum libris de lineis et areis ac numeris idem concluditur de omnibus per numerarios terminos assignatis quantitatibus sicut nos in secundo Arithmeticorum latius docuimus.

La terminologia usata da Maurolico oscilla tra quella tradizionale di ``res, census, cubus, census secundus'' etc. e tentativi di sostituzione in linguaggio classico: ``Unitas, Radix, Quadratum, Cubus, Quadratum secundum''. Le oscillazioni sono evidenti nel testo e soprattutto nelle correzioni presenti nel codice più tardo, in particolare per le potenze più alte dell'incognita. Ciò chiarisce che la fonte di Maurolico per l'algebra non può che esser ricercata nei testi abachistici. C'è però un problema: la riduzione delle regole dai 6 capitoli di Al-Kuwarizmi ai 4 tanto conclamati viene presentata con qualche pretesa di originalità. Dal punto di vista storico non è certamente così perché tale risultato si trova nel Triparty di Nicolas Chuquet (1492). Ma è certo che Maurolico non vide quell'opera, che restò manoscritta, compilata a Lione e conservata a Parigi. Tuttavia l'idea o la notizia potrebbe aver fino d'allora circolato. Solo una verifica accurata delle (numerosissime) fonti manoscritte italiane potrebbe indicare una possibile derivazione.

3  Fortuna

L'Algebra di Maurolico, pur nominata in tutti gli Indices, sembra esser da lui considerata un'opera in qualche modo minore. Infatti non viene nominata nel Compendium Mathematicae che termina l' edizione degli Sphaerica del 1558, dove pure è riassunto il primo libro degli Arithmeticorum, né se trova cenno nei Prologi, dove a lungo Maurolico disserta sulle quantità. Restò inedita fino al 1876 quando F. Napoli la pubblicò nel vol. IX del Bullettino di Bibliografia e di Storia delle Scienze matematiche e fisiche di B. Boncompagni ([Napoli 1876, pp. 41-49]).

Il testimone più recente, di cui diremo tra poco, sembra volerla presentare al padre Cristoforo Clavio, forse in occasione del suo soggiorno messinese del 1574. Ma Clavio, a differenza di quanto fece per altri lavori di Maurolico, non ne tenne mai conto, neppure quando, dopo molti anni, scrisse un trattato specifico di Algebra. La ragione è peraltro quasi ovvia: dai lontani anni '40 l'algebra aveva fatto grandi passi, molte opere erano apparse sull'argomento sicchè il lavoro di Maurolico risultava ormai in qualche modo troppo datato.

4  Testimoni

La presente edizione è fondata sui due soli testimoni esistenti, entrambi autografi di Maurolico:

  • a: Par. Lat. 7466, cc. 19r-23v. Il manoscritto, intitolato Algebra, reca il colophon 7 oct. 1569 con una breve aggiunta datata 18 jan. 1570.

  • A: Par. Lat. 7459, cc. 1r-7v. Il manoscritto, intitolato Demonstratio algebrae, non reca alcuna data. Tale codice risulta copia del precedente in quanto introduce nel testo l'aggiunta finale e tutte le aggiunte o correzioni in margine o in interlinea del codice precedente, come si verificherà dall'apparato.

Si è perciò scelto come testo base il testimone più recente A, indicando ovviamente tutte le varianti significative di a. Si sono sciolte le abbreviazioni del discorso conservando però i simboli peculiari dei quadrati, rettangoli etc. nonché le notazioni cossiche (ce., cu., ce.ce. etc.) dove sono presenti.

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